IL LUNGO VIAGGIO DI BRUCE CHATWIN

Vincenzo Ruggiero Perrino [email protected]

La naturale curiosità dell'uomo lo dovrebbe spingere ad uscire dalla fissità del quotidiano, che gli nasconde la vera natura delle cose, ed invogliarlo alla conoscenza.
«Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini», dice Ibn Battuta, l'infaticabile girovago arabo, il quale andò da Tangeri alla Cina per il solo gusto di viaggiare, ma il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma. Le nostre prime esplorazioni sono la materia prima della nostra intelligenza.
Tutta la vita (e, conseguentemente, la carriera letteraria) di Bruce Chatwin (1940 – 1989), è stata un lungo viaggio.
La leggenda racconta che il primo viaggio di Bruce Chatwin fu annunciato al direttore del Sunday Times, il giornale presso cui lavorava e gli aveva dato modo di scoprire la sua vena di scrittore, con un laconico telegramma: «Partito per la Patagonia. Chatwin».
Come Chatwin racconta nel suo primo libro, e forse più noto, In Patagonia, pubblicato nel 1977, il suo interesse per questo paese si radicava nell'infanzia, quando, nella stanza da pranzo della nonna, c'era un armadietto chiuso da uno sportello a vetri, e dentro l'armadietto un pezzo di pelle. Si trattava di un pezzo di brontosauro, trovato da Charley Milward il Marinaio, cugino della nonna, vicino allo Stretto di Magellano e spedito a pezzi conservati nel sale al “Natural History Museum” di Londra. Chatwin bambino desiderava moltissimo entrarne in possesso, ma non ci riuscì, perché alla morte della nonna il pezzo andò perduto. In verità, come scoprì molto più tardi, era solo un pezzo di milodonte o bradipo gigante, trovato per caso sul “Last Hope Sound” nella Patagonia cilena. Ma tanto bastava per evocare una terra lontana, che durante gli anni della guerra fredda sembrava rappresentare una meta sicura.

Il viaggio comincia nel dicembre del 1974 a Buenos Aires, con un tempo estivo e i negozi decorati per il Natale. Poi un treno per La Plata, città universitaria con le scritte sui muri che echeggiavano il '68. E di nuovo in autobus, verso il sud. Quel viaggio fu anche l’occasione per la scoperta di un linguaggio (la lingua Yaghan), e per ricercare appassionate storie (come quella di Butch Cassidy, Etta Place e Sundance Kid).
La storia narrata nel romanzo successivo, Il viceré di Ouidah (1980), diventa un pretesto per un viaggio di oltre un secolo tra personaggi e avvenimenti di una cittadina costiera del Dahomey, che vide il suo momento di massimo splendore all'epoca del commercio degli schiavi. Chatwin vi andò per la prima volta nel 1971, per visitare in particolare proprio le vecchie città dei negrieri, il "Piccolo Brasile", - a ricordo di mulatti e neri liberati che ritornarono in Africa nell'Ottocento per dedicarsi a loro volta al commercio degli schiavi. Trovò le tracce di un miliardario schiavista, Dom Francisco Felix de Souza, arrivato come tenente alla Costa degli Schiavi nel 1800. Dom Francisco partecipò ad una rivoluzione di palazzo, contribuì alla deposizione del vecchio sovrano e alla presa di potere del nuovo, riorganizzò l'esercito con i suoi reparti di amazzoni guerriere, e si guadagnò tali meriti da diventare “chacha”, cioè vicerè, ed ottenere il monopolio della vendita degli schiavi, da poco dichiarata illegale dal governo inglese. Verso la fine della sua lunga e avventurosa vita cadde in disgrazia e morì pazzo. Venne seppellito in una botte di rum, sotto il suo letto a colonne. Chatwin visitò la sua casa, vide il letto in stile goanese, parlò lungamente con una donna nera, molto vecchia, che faceva parte della famiglia Souza, e ne rimpiangeva gli antichi splendori. Dopo un primo viaggio ne seguì un altro. Il Dahomey era diventato la Repubblica Popolare del Benin. Purtroppo, un incidente, - lo scrittore venne scambiato per un mercenario e rischiò la fucilazione -, lo distolse da nuove ricerche.

Sulla collina nera (1982) è, invece, ambientato in un paese tra Inghilterra e Galles, o meglio nella fattoria “La Visione”, dove i gemelli Jones trascorrono, sempre insieme, una lunga esistenza, evitando il più possibile di allontanarsene.
Chatwin lascia in questo romanzo le avventure di viaggio, per descrivere le avventure nel tempo di Benjamin e Lewis: l'infanzia con il padre scontento della loro "diversità", la giovinezza difesa entro le mura della casa, gli anni di duro lavoro nella fattoria retta dalla madre rimasta vedova ed ostile ad ogni innovazione, la vecchiaia di ricordi e di tazze di tè indiano della signora Nancy. Anche se la Storia entra nella loro vita, con la prima guerra mondiale e l'arruolamento forzato di Benjamin, le dieci miglia intorno a “La Visione” misurano un confine da non oltrepassare. Lewis, che voleva diventare marinaio, continua a sognare e Benjamin risparmia per comperare nuove terre. Diversamente da quanto avviene per il comune sentire, nella percezione dei due protagonisti del romanzo gli orizzonti limitati dell'infanzia si dilatano con il passare degli anni, segnando il loro spazio di vita.
Storie, personaggi, fatti di cronaca, avventure, compreso un volo in aereo, regalo di compleanno del nipote, entrano nell'esistenza dei due gemelli, senza però violare la loro separatezza dal mondo e senza offuscare il loro sguardo innocente.

Dopo essere tornato, insieme con Paul Theroux, in Patagonia (viaggio che frutterà un nuovo volume, Ritorno in Patagonia, 1985), Chatwin sposta la sua attenzione verso il continente australiano.
Le vie dei canti (1987), il libro che nasce da quell’esperienza, non è un trattato di antropologia o un saggio: è un romanzo, un libro di ricordi, un mosaico di storie: storie sulla natura e sulle lingue degli aborigeni. E’ un libro di idee, che affiorano sotto forma di citazioni, appunti, ricordi di viaggio nella parte tratta dai taccuini.

Infine, Chatwin pubblica ancora un romanzo, l'ultimo, incentrato sulla figura di Kaspar Utz, grande collezionista di porcellane di Meissen costretto a vivere in una Praga dominata dal potere poliziesco.
Lo scopo della sua vita sembra diventare la difesa della sua collezione dalle mani brutali dell'autorità. Utz è un anziano signore "reliquia dell'impero ottomano" che Chatwin conobbe ai tempi in cui lavorava presso la casa d’aste Sotheby's. L'amicizia si concretizzò nell'affidare privatamente al giovane inserviente Chatwin, vestito di grigio, la vendita progressiva del suo patrimonio di collezionista, non sopportando di dare alla Casa d'Aste l'incarico, solo perché tutti avrebbero potuto metterci mano nei giorni di esposizione. In Utz (1988) traspare l'esperienza di Sotheby, che portò il giovane inserviente a diventare direttore della sede di Londra. Comprimari del romanzo sono le delicate figurine di porcellana, che Kaspar Utz venera con una sorta di religiosa follia fino quasi a dare loro la vita.

L’ultimo libro, pubblicato in vita da Chatwin, è Che ci faccio qui? (1989). Lo scrittore ha raccolto in questo libro, negli ultimi mesi di vita, racconti, ricordi, scritti, appunti, frammenti, brani dispersi di una vita di viaggio. Si ritrovano così temi e motivi di molti dei suoi libri, siano essi avventure in paesi lontani, trattati naturalistici, film, collezioni d’arte, cronache dei viaggiatori del passato, incontri con personaggi. Ci sono le pagine per gli amici e la famiglia, le storie del mondo dell'arte, i viaggi, la Cina, la Russia, l'Afghanistan, Herzog e Malraux, Mel'nikov e Junger, ma anche Assunta, storia romanzata dell'infermiera di un ospedale, dove il protagonista cerca di curare la malaria. Anche se Chatwin è diventato simbolo dell’istintiva voglia di spostarsi della natura umana, e dell'impulso al movimento in senso più ampio, colpisce la sua capacità di raccontare le persone, note e ignote, incontrate di persona o attraverso libri e racconti, vere o inventate. Ne nascono in molti casi ritratti inediti, spesso divertenti, che aprono al lettore nuove prospettive, nuovi punti di vista. A volte poche righe sono sufficienti, come per l'incontro con l'amica Diana Vreeland, mitica direttrice di Vogue, tutto giocato sullo scambio di parole tra Wales (Galles) e Whales (balene).

Postumo, è uscito Anatomia dell'irrequietezza (1996), raccolta di scritti che abbraccia vent'anni della vita di Chatwin viaggiatore, esploratore, scrittore, archeologo, giornalista, esperto d'arte. I brani della sezione "L'alternativa nomade" rimandano immediatamente al tema di fondo della sua vita e delle sue opere, ma questo libro rispetta appieno il desiderio originale di un'opera generale e non specialistica. E così il nomadismo come categoria mentale affiora nella raccolta di critiche d'arte e di letteratura, nei racconti, e nelle descrizioni delle molte case in cui si fermò il tempo necessario per scrivere e sentire rinascere il desiderio di partire, affetto da «la grande maladie de l'horreur du domicile», una delle sue citazioni predilette, di Baudelaire.
BIBLIOGRAFIA

Riportiamo di seguito i libri di Chatwin, con le date di prima pubblicazione e di prima traduzione in italiano (i libri di Chatwin sono stati pubblicati in Italia dall’editore Adelphi).

In Patagonia, edizione originale nel1977, in italiano nel 1982
Il Viceré di Ouidah, edizione originale nel 1980, in italiano nel 1983
Sulla collina nera, edizione originale nel 1982, in italiano nel 1986
Ritorno in Patagonia, con Paul Theroux, edizione originale nel 1985, in italiano nel 1991
Le vie dei canti, edizione originale nel 1987, in italiano nel 1988
Utz, edizione originale nel 1988, in italiano nel 1989
Che ci faccio qui?, edizione originale nel 1989, in italiano nel 1990
Anatomia dell'irrequietezza, edizione originale e in italiano nel 1996.