Raccontarsi, narrare la propria esistenza è sempre un esercizio
difficile, per non dire quasi impossibile…
Se questo vale per NOI, persone “normali” (Oddio…
non so fino a che punto) forse non è la stessa cosa per un vero
mito (Uno dei pochi ancora rimasti a questo mondo). Sessantenne da caso
clinico e orgoglioso di esserlo. Sopravvissuto a quattro decadi di pesantissimi,
devastanti ed allucinanti (In tutti i sensi) eccessi. Passato pressoché
indenne dal rock’n’roll, al merseybeat, dalla Psichdelia
epico-acida degli Hawkwind al rozzo, grezzo e tonitruante proto-metallo
basilare dei suoi Motorhead: Ian Fraser Kilmister è forse ancora
più di Elvis il VERO re del rock (Fosse solo per il fatto che
è ancora tra noi a martellarci il cranio mentre il buon Presley
ha tirato le cuoia da quel dì, vittima della sua solitudine di
monarca, prigioniero di un bozzolo fatto di depressione, bulimia, Quaalude,
Valium, Mandrax e codeina a fiumi dal quale usciva solo quando, imbottito
di anfetamine, saliva su un palco per celebrare il proprio stanco ma
sempre straordinario mito).
Lo sanno anche i sassi che cosa sono per me i Motorhead. Lo sanno anche
i sassi che per me Lemmy è DIO. Lo sanno anche i sassi che ho
dedicato tutta la mia esistenza al sacro verbo dei Motorhead. Lo sanno
anche i sassi che senza Motorhead non sarei sopravvissuto ad una adolescenza
a dir poco SFIGATA… Si esagera??? MA CHI SE NE FREGA!!!! In vita
mia non mi sono mai fatto neppure una canna (Non ci crede nessuno, ma
è così) e cosa ben più importante, ho sempre avuto
un sacro e fortunatamente invincibile terrore per ogni tipo di sostanza
stupefacente. Si, d’accordo… è vero che mi capita
di bere come un tombino e che sono decisamente un pericolo pubblico
per le donne che si azzardano a mostrare interesse nei miei confronti…
ma a certi livelli di devastazione non potrei mai arrivare… creperei
PRIMA!!! Non mi è mai interessato drogarmi e son sempre riuscito
a farne a meno perché ho sempre considerato l’adrenalina
il migliore e più potente allucinogeno esistente sulla piazza
(Possibilmente unito ad una sana dose di metallo pesante sparato a manetta!!)
e il perché uno dei miei assoluti idoli sia in realtà
uno dei fattoni più terrificanti della storia del rock è
un mistero pure per me…
La sottile linea bianca (titolo originale “White Line Fever”)
è il racconto di un uomo che ne ha fatte, viste e subite di tutti
i colori, è un’inesauribile miniera di aneddoti tragicomici,
folli, tristi e sconcertanti.
Lemmy racconta a Janiss Garza (Giornalista di “Entertrainement
Weekly” e fans dei Motorhead) la sua vita… l’ossessione
per le donne, il gusto per l’eccesso, tante altre piccole cose…
Racconta di quando vide John Lennon spaccare la faccia a testate ad
un incauto che gli aveva dato della checca ad un concerto dei non ancora
famosi Beatles… Demolisce il mito dei Rolling Stones (“Studentelli
d’arte medio borghesi che erano andati a vivere in strada per
darsi un’aura di irrispettabilità”) racconta di quando
tentò di insegnare a Sid Vicious i rudimenti del basso, parla
di come si trasformò da mediocre chitarrista in tellurico bassista
senza aver praticamente mai preso in mano il quattro corde, prima del
suo concerto di debutto con gli Hawkwind… Racconta della goffaggine
del suo batterista storico Philty Animal Taylor e del tormentato rapporto
d’amore, odio, sopportazione, insofferenza e disprezzo con le
case discografiche… Parla di indimenticabili estati di cui non
ricorda un ….. ma che erano evidentemente state bellissime. Racconta
di come l’unica droga di cui non abbia mai voluto sapere nulla,
e che anzi odia con ferocia, sia l’eroina, di come questa gli
abbia portato via l’unica donna che forse abbia davvero amato,
Susan Bennet, la ragazza di colore che morì di overdose a diciannove
anni, a cui il libro è dedicato con una semplice frase che la
dice lunga, su cosa fosse Sue per Lemmy: A Susan Bennet … Che
poteva essere quella giusta. Tra droghe impossibili, Omeriche sbornie,
grandiose scopate, concerti leggendari e vaccate di ogni sorta Lemmy
si racconta come ha sempre vissuto… senza falsi pudori, senza
peli sulla lingua, col suo solito, abituale, leggendario sarcasmo ed
una dose di sana, acida e per moltissimi, insospettabile autoironia…
Ci sono episodi spettacolari, come quello che lo vede recarsi all’indirizzo
londinese di Jon Lord dei Deep Purple, pensando che questa famosa rockstar
vivesse in una villa galattica, mentre si trovò invece in un
appartamentino dei suburbi londinesi, ad approfittare dell’offerta
fattagli dalla gentilissima vecchietta, padrona di casa, di dormire
sul divano per la notte. Lemmy accetta, pensando che la signora sia
la madre di Lord (In Tournee in Scandinavia), salvo poi essere svegliato
la mattina presto dal suo amico Ron Wood (con cui aveva suonato qualche
giorno prima) con le parole. “Ma che cazzo ci fai sul divano di
mia madre???” già, Jon Lord non aveva detto al suo amico
del Galles del nord che a Londra viveva in casa dei fratelli Wood (Ron,
futuro chitarrista degli Stones e Art, che ebbe una certa fama negli
anni sessanta con i suoi Artwoods)… il sarcasmo non risparmia
il padre (Un prete anglicano che piantò in asso moglie e figlio
dopo pochi mesi dalla nascita del bimbo), la religione, il femminismo
radicale, gli eroinomani, il politicamente corretto in generale (“Vivo
per sentirmi dire che avevo ragione” dice Lemmy “Accade
di rado ma ne vale la pena”), i pregiudizi e l’umana stupidità…
racconta episodi da galera con sconvolgente sincerità (“Ricordo
questa ragazza… in Finlandia, aveva sedici anni, semplicemente
meravigliosa, quando si spogliò nuda di fronte a me caddi in
ginocchio ringraziando Dio” forse l’unica volta in cui il
mio, nostro e vostro idolo ha davvero creduto nel padreterno!!) e ne
ha davvero per tutti quanti… non si ferma di fronte alla Sony
dicendone peste e corna… Scarica valanghe di giustificato veleno
contro Businessmen, discografici e produttori incapaci, racconta cento,
mille cose e non si riesce a smettere di leggere… Insomma, un
libro da avere assolutamente anche se non siete metallari, anche se
dei Motorhead non conoscete manco “Ace Of Spades”, anche
se considerate il Mike un pazzo scatenato e delirante… “La
Sottile Linea Bianca” è una delle migliori autobiografie
mai fatte e non solo perché Lemmy è DIO, ma perché
è una storia spietatamente, crudemente e fortemente sincera!!!
Che gli dei del metallo ti conservino a lungo, Lemmy dal Galles del
nord!!! Ti vogliamo bene… anche se a te, forse, non te ne frega
un …..!!!
Baldini e Castaldi Dalai editori, 301 pagine, costo non lo so e non
ve ne deve fregare un cavolo perché sto libro dovete leggerlo!!!