10 feb 2005, ho appena concluso l’esperienza più emozionante
della mia vita. Sono distrutto dal viaggio e dal fuso, ma voglio mettere
giù questo resoconto; non voglio che tutto questo turbinio di
emozioni e immagini si archivi definitivamente senza lasciare traccia
nei miei pensieri presenti.
Sono stato nello Sri Lanka, l’isola vicino l’India, colpita
dallo tsunami il 26 dicembre.
Ci sono stato come volontario. In precedenza non avevo mai fatto azioni
di volontariato di nessun tipo. Questo la dice lunga sul mio grado di
preparazione a questo genere di eventi. Non l’ho fatto spinto
dalle immagini televisive del primo periodo. A dir la verità,
di servizi sullo tsunami ne ho visti ben pochi.
Da tempo ero arrivato alla conclusione che affliggersi di fronte ad
un telegiornale non era di aiuto a nessuno. Il senso di impotenza che
poi ne scaturiva mi rattristava ancora di più. E allora perché
m’è saltato in testa di fare questa cosa? Un giorno un
amico mi ha chiesto: perché non vieni con me? Eccomi. L’ho
fatto perché mi è stata data l’opportunità
di essere d’aiuto nella maniera che preferisco, ovvero contribuire
ad aiutare i superstiti a ripristinare la propria abilità di
superare la cosa e di guardare di nuovo al futuro. Come il mio gruppo
sia in grado di svolgere questo compito meriterebbe un capitolo a parte.
Giusto però per soddisfare la possibile curiosità dirò
che faccio parte della Associazione PRO.CIVI.CO.S. (Protezione Civile
della Comunità di Scientology) un gruppo di volontariato inserito
nell’ampio organigramma della Protezione Civile Nazionale, che
include oltre 700 associazioni. PRO.CIVI.CO.S. è formata da Ministri
Volontari della Chiesa di Scientology (VM), un gruppo umanitario internazionale
che presta aiuto in caso di bisogno come già è avvenuto,
ad esempio, a seguito dell’attentato terroristico dell’11
settembre. Oltre a supportare le necessarie logistiche, i Ministri Volontari,
che hanno seguito una formazione specifica sull’uso di semplici
ma efficacissime applicazioni sviluppate dal Sig. L. Ron Hubbard chiamate
“Assistenze”, si occupano infatti dell’aspetto spirituale
del trauma. In effetti ci si occupa giustamente degli aspetti materiali
e fisici di una calamità, ma spesso si rischia di trascurare
l’aspetto umano e quindi spirituale. Ecco, i Ministri Volontari
sono specialisti in quello che ormai viene conosciuto come “pronto
soccorso spirituale”; non importa quale sia la religione o la
Chiesa o tipo di spiritualità o credo della persona.
Le Assistenze semplicemente aiutano chiunque e vengono di fatto usate
ed insegnate da membri di numerosi gruppi religiosi di estrazione completamente
diversa. Non si tratta quindi di un’opera di proselitismo o di
conversione, come si potrebbe erroneamente essere indotti a credere,
bensì di una attività pan-confessionale o anche aconfessionale
che favorisce tra l’altro il superamento di qualsiasi barriera
razziale. Il tutto avviene esclusivamente attraverso una corretta gestione
della comunicazione a due sensi sviluppata a seguito di anni di ricerche
dallo stesso Sig. Hubbard.
Queste procedure sorprendono per semplicità ed efficacia e tendono
a ripristinare l’abilità dell’essere umano di affrontare
e superare le esperienze negative ed i conseguenti effetti non desiderati
della vita. Nel caso dello tsunami, visto che siamo in tema, i sopravvissuti
si sono trovati ad affrontare cose difficilmente immaginabili. Un uomo
ha dichiarato di aver perso 41 membri della sua famiglia, oltre alla
casa. Dire che fosse disperato è senz’altro limitativo,
ma a maggior ragione era necessario fare qualcosa per lui. I Ministri
Volontari hanno un semplice motto che di per se aiuta a sperare. Il
motto dice che “qualcosa si può fare” anche quando
tutto sembra perduto. Subito dopo una calamità è necessario
intervenire tempestivamente, assicurando ai sopravvissuti i bisogni
primari, quali cibo e alloggio.
Ma allo stesso tempo è vitale fare in modo che chi sia scampato
possa rimettersi in sesto e ricrearsi una vita ed è ciò
che è stato fatto con lui come con moltissime altre persone.
Parto il 19 gennaio. Insieme ad altri 2 sardi, ci troviamo ad Olbia,
diretti per Milano, dove riceviamo istruzioni sullo scopo della missione.
A Milano incontriamo gli altri membri della spedizione, 8 per l’esattezza.
L’età varia dai 20 ai 60 anni. Qualcuno di loro lo conosco
già. Il viaggio è molto tranquillo. Durante il volo, abbiamo
modo di conoscerci. Ipotizziamo 3000 cose riguardo quello che troveremo.
Il morale è alto. Sento il gruppo. Agiremo come una vera squadra.
A Colombo ci accoglie uno dei segretari del Primo Ministro. Insieme
ci dirigiamo a Kandy, una città al centro dell’isola. Tre
ore di bus. Questa parte non è stata colpita dallo tsunami, per
cui possiamo osservare il luogo e le persone nelle condizioni normali.
Lo Sri Lanka è definito un paese del terzo mondo. Le condizioni
igieniche sono troppo lontane dalla nostra realtà; nelle strade
si accumulano i rifiuti che vengono bruciati a fine giornata. L’inquinamento
è altissimo e qualche volta l’aria è irrespirabile,
anche perché il vento spesso è assente e il caldo soffocante.
I locali pubblici non sono pulitissimi, mettiamola cosi, e il mangiare
spesso è un problema; meglio cucinare a casa propria.
Il programma iniziale consiste nel creare una base a Kandy, in una casa
messa a disposizione da un’amica italiana, Adriana, per poi muoversi
verso il nord est. Questa decisione nasce per espresso desiderio del
segretario del Primo Ministro, il quale apprezza moltissimo la nostra
presenza, ma ritiene che la maggior parte dei nostri soccorsi (e di
altri) si sia concentrata nella parte sud, a Galle principalmente, dimenticando
completamente il nord, a suo modo di vedere. La prima sera ci riprendiamo
dal viaggio e parliamo con il segretario. Gli presentiamo il nostro
programma, spieghiamo i nostri obiettivi di intervento, quello che possiamo
offrire e chiediamo quello di cui lui ha bisogno. L’intenzione
è quella di partire il giorno dopo per il nord-est, ispezionare
il territorio ed iniziare a fare qualcosa. Purtroppo una serie di complicazioni
legate ai vari impegni del segretario ci costringe ad un altro giorno
inattivo a Kandy. La sera però ci incontriamo di nuovo con lui
e approfondiamo alcuni dettagli. Ci chiede anche cos’ è
Scientology.
Lo Sri Lanka è un paese al 70% buddista. Il culto dello spirito
è profondamente radicato nella maggior parte della gente. C’è
anche una buona percentuale di induisti e cristiani. Il segretario è
rimasto molto affascinato da questa filosofia, soprattutto per la sua
applicabilità ai vari aspetti della vita. Abbiamo fornito una
dimostrazione di quello che potevamo fare per alleviare vari tipi di
problemi che persistono a causa di traumi spirituali del passato. In
particolare, lui aveva da tempo disturbi alle ginocchia, quindi gli
è stata praticata un’Assistenza sui nervi, la cui procedura
permette di ripristinare la comunicazione dell’essere con il proprio
corpo. La cosa è durata si e no dieci minuti. Al termine il segretario
si è alzato molto contento, dicendo di stare benissimo.
Il giorno dopo finalmente in viaggio verso Baticalò. Le strade
dell’isola sono alquanto pericolose: molto strette, spesso sterrate
e dissestate. Aggiungo che gli autisti stessi, nonostante la simpatia,
sono matti da legare. Ci sono non pochi intoppi: finamo persino in una
buca. Il pullman non riesce ad uscirne e spendiamo una mezz’ora
buona per rimetterlo in strada. Ormai notte, ci fermiamo ad Ampara,
un centro del nord est, non toccato dallo tsunami in quanto molto interno.
Pernottiamo in un monastero buddista. La mattina successiva l’incontro
con il Monaco buddista a capo del centro. Proprio quel giorno ricomincia
l’anno scolastico. Il monastero ospita tantissimi bambini di famiglie
colpite dallo tsunami nella zona nord. Il monaco parla ai bambini radunati
nel cortile e tra le molte cose parla anche di noi e del perché
siamo li. Al termine dell’assemblea il monaco ci riunisce di fronte
al tempio. Ci dispone a semicerchio e ci unisce simbolicamente tramite
un filo bianco, che teniamo per le mani. Poi inizia la preghiera. È
una specie di canto. Ogni tanto distinguo la parola tsunami. Forse un
mantra. Come una cantilena. Dura parecchi minuti. Al termine di questa
cerimonia il segretario ci dice che il monaco ci dà la sua benedizione
e ci ringrazia per l’aiuto alla sua gente. Dopodiché veniamo
assaliti dai bambini. Ci stringono intorno. Sono tutti sorridenti e
ci ammirano, come delle stars. Vogliono la nostra firma, in piccoli
pezzi di carta che ci portano, o nella mano. La cosa che mi colpisce
di più sono gli occhi. Non saprei descrivere esattamente questa
sensazione. Forse non ci sono parole. Sono commosso e non so perchè.
Forse quell’energia è troppo per me. O forse penso che
molti di quei bambini non hanno più la famiglia, non hanno più
una casa, o chissà cosa. Non è neanche un senso di tristezza.
Forse è addirittura gioia e quasi ci piango… Quei bambini
non hanno niente, hanno perso tutto, eppure sorridono e sembrano felici.
Se posso osservare questo, allora c’è qualcosa di sbagliato
nella nostra cultura: come possono essere felici?
Partiamo quindi alla volta di Baticalò. Altre 3 ore di viaggio.
Baticalò è una località turistica. La costa e le
spiagge completamente devastate. Detriti dappertutto. L’impatto
è scioccante. Qua e là i resti di capanne accumulati dai
bulldozer e qualche abitazione di cemento ancora in piedi. Ci fermiamo
all’inizio di un ponte distrutto. Scendiamo e osserviamo la scena.
10.000 morti in questa zona, e sembra di percepirli sotto forma di sensazioni
pesantissime. I nostri incaricati insieme con il segretario parlano
con un funzionario politico della zona. Lo scopo è quello di
avere un contatto con il responsabile di zona. Ci dice dove andare.
Riprendiamo il bus e ci dirigiamo verso il centro del paese. Mi guardo
attorno e vedo case di cemento scoperchiate. Sembrano fatte di cartapesta.
Il tono della gente è un misto di afflizione e apatia. Non vedo
tende, ma raggiungiamo un posto dove ci sono delle scritte UN, una scuola
dove sono sistemati i senzatetto: due casermoni con all’interno
tantissime famiglie. Due donne cucinano in uno spazio all’aperto,
sotto una tettoia. Sulla mia sinistra noto un serbatoio dell’acqua
con la bandiera inglese. Nel frattempo gli abitanti del posto notano
la nostra presenza e si avvicinano, molti di loro con bambini in braccio.
Quest’ultimi molto piccoli, forse 3-4 mesi, alcuni con il pallino
nero dipinto sulla fronte. I bambini sono tenuti in braccio come trofei,
come un qualcosa da esibire al termine di una lotta da cui si è
usciti vincitori. Ancora quegli occhi. Un senso di tristezza mi prende
allo stomaco. Eppure li ammiro. Continuo a scrutarli, ma dopo mollo
la presa. Me ne vado. Di nuovo sul bus. Mi isolo e piango e non so perché.
Solo per un pò. Dentro di me tanta ammirazione per questa gente.
Quanta forza.
Sono contento di essere qui.
Ci dirigiamo verso l’ufficio distrettuale. Si aspetta il funzionario
dal quale dovremmo ottenere degli spazi per iniziare ad operare. L’attesa
è lunga. Io passeggio con Valentina ed Emanuele. Parliamo delle
nostre impressioni. Ci chiediamo quanto tempo dovremo aspettare per
cominciare a far qualcosa di effettivo. Questo viaggio ci sta consumando.
Il non fare niente è esasperante. Non ho mai sopportato l’inattività,
specie quando questa è dovuta a questioni burocratiche. Ma il
segretario aveva chiesto il nostro aiuto e noi glielo dovevamo. Finalmente
il funzionario arriva e i nostri incaricati cominciano il colloquio.
Altra attesa. Finalmente escono. Sul bus veniamo informati del fatto
che non essendoci spazi a disposizione utili al nostro lavoro e per
altri motivi di natura burocratica si fa rotta definitiva per Galle,
dove finalmente saremmo passati alla parte operativa vera e propria.
Pernottamento di nuovo al monastero. La mattina il lungo commiato dai
bambini e dai monaci. Mi vengono regalati 2 libri sul buddismo. Molti
bambini mi lasciano il loro indirizzo. Vorrebbero ricevere penne e quaderni.
Franco, Ascanio e Alex consegnano al Monaco “Inno all’Asia”,
un libro nel quale L.Ron.Hubbard dimostra la riconoscenza per la saggezza
millenaria di questa terra. Di nuovo in viaggio. Rotta verso Kandy.
Otto ore di viaggio. Ci sono solo 2 fermate. La prima in un villaggio
nel bel mezzo della jungla. Gli abitanti con una struttura corporea
diversa dai cingalesi che eravamo abituati a vedere. Più bassi,
indosso il minimo necessario, e qualcuno di loro con arco e frecce.
Visitiamo il capo del villaggio. Io acquisto un unguento per ferite
che odora grosso modo di melanzane all’olio; altri, qualche oggetto
in ebano. Ripartiamo. Mangiamo in un ristorante dallo standard diverso
dal solito. Quasi occidentale. Ripartiamo e pernottiamo nella casa di
Adriana a Kandy.
La mattina successiva partenza per Galle. Ci aspettano 7 ore di bus.
In viaggio con noi c’è anche Dino, un rappresentante della
Croce Giallo-Azzurra, aggregato fin dal primo momento. Durante il viaggio
precedente avevamo avuto modo di conoscerci ed imparare da lui riguardo
interventi in zone calamitate. Lui era a sua volta interessato al nostro
tipo di aiuto. L’azione combinata di dare un tetto e risolvere
i traumi dell’evento era stato il succo dei nostri discorsi. Non
erano mancate discussioni anche accese, però alla fine è
rimasta un’intesa che sicuramente porterà a buone cose
nel futuro.
A 20 o 30 chilometri da Galle cominciamo ad osservare gli effetti dello
tsunami. Barche sulla strada, tetti rimossi, capanne ammucchiate, rifiuti
dappertutto. Ci fermiamo per vedere da vicino qualcosa di scioccante:
un treno devastato sui binari. I poliziotti di guardia ci raccontano
la storia.
Alle 9,20 del 26 dicembre arriva la prima onda. La gente scappa e si
rifugia sul tetto di alcuni edifici. Il treno in quel momento è
in sosta nella piccola stazione. L’onda raggiunge in parte il
treno, ma i passeggeri rimangono al loro posto sentendosi forse al sicuro.
Arriva la seconda onda molto più devastante. Il treno viene scagliato
a 200 metri dal posto. I vagoni verranno ritrovati sulla collina.
Di nuovo in viaggio. Raggiungiamo Wakwella, località situata
sulle colline di Galle, dove troviamo il nostro quartiere generale.
Un bellissimo edificio messo a disposizione per noi dal sindaco. Attorno
una natura incredibile. La mattina facciamo conoscenza con gli altri
volontari che operano a Galle già da più di una settimana.
La maggior parte sono italiani, ma ci sono anche tedeschi, canadesi,
austriaci, norvegesi e danesi. Ci sono anche dei cingalesi talmente
interessati a quello che stiamo facendo che si sono aggregati per aiutare,
specialmente nei contatti con le persone del posto. Infatti non tutti
in Sri Lanka parlano inglese e spesso il loto aiuto è indispensabile.
Si stabiliscono le squadre di lavoro: da una parte i Volontari Internazionali
di Scientology con lo scopo di organizzare la classica Tenda Gialla
per effettuare le Assistenze, dall’altra il gruppo formato dai
Ministri Volontari PRO.CIVI.CO.S. e dai membri della Croce Giallo Azzurra
di Torino che, sotto il coordinamento della Protezione Civile Italiana,
contribuiscono al montaggio delle tende. Mi aggrego al secondo gruppo
insieme a Valentina e Emanuele. Conosciamo Delfina, Alex, Max e Cesare,
con i quali lavoreremo spalla a spalla nei giorni successivi. Raggiungiamo
un teatro messo a disposizione dal comune per l’immagazzinamento
delle tende arrivate dall’Italia. Le tende sono di vario tipo,
denominate in base all’anno del progetto. Certe arrivano dalle
zone italiane che hanno subito calamità negli ultimi 20 anni.
Bisogna controllarle al fine di risparmiare sorprese in fase di montaggio
Quindi la linea da seguire consiste: in un controllo generale di ciascun
involucro, verificando che tutto sia a posto, trasporto e montaggio
negli spazi della città messi a disposizione dal comune. In questo
modo prendiamo confidenza con i vari modelli, e montiamo qualche tenda
all’interno del teatro-magazzino come prova generale.
Nel frattempo facciamo conoscenza con il gruppo della Protezione Civile
Italiana. I capi di questo Dipartimento sono romani, e dirigono due
squadre della Toscana e del Friuli. Purtroppo non ricordo i nomi delle
loro associazioni. Sono composti da ragazzi molto in gamba e professionali
con i quali ben presto si crea un’intesa e un’amicizia molto
forte. A riguardo apro una piccola parentesi: ho già detto che
il dipartimento di Protezione Civile ha un organigramma pieno di tante
associazioni per ogni tipo di intervento, sia nazionale che internazionale.
Aggiungo che la professionalità con cui queste emergenze vengono
affrontate è straordinaria e mi sento di dire che siamo in mani
più che buone. Questo a dispetto dell’idea generale che
abbiamo sempre di noi stessi, come italiani. Per fare un esempio, le
tende che ho montato insieme ai ragazzi delle altre associazioni sono
molto belle, spaziose e adatte a qualsiasi tipo di esigenza. Lo stesso
non si può dire di altre tende che ho visto in giro. Pur apprezzando
l’impegno dei paesi o enti che le hanno inviate, sono molto al
di sotto dello standard di quelle italiane. (Quando ci vuole ci vuole).
Dovremmo apprezzarci di più certe volte!
Di fronte al teatro dove noi ordiniamo le tende, nella piazza del municipio,
l’altro gruppo di volontari piazza le tende gialle e comincia
ad effettuare le prime assistenze. La settimana precedente era stata
dedicata ai contatti con i vari funzionari cittadini per la presentazione
dei progetti e l’assegnazione degli spazi per le varie attività.
Altri Volontari di Scientology si erano invece rivolti ad esponenti
religiosi, principalmente buddisti, tenendo seminari e conferenze sulle
applicazioni di Scientology alle comunità dei vari templi. C’è
stata una decisa risposta e un grande interesse. Molti monaci hanno
deciso di studiare questi materiali di base tratti dagli scritti del
Sig. Hubbard e vengono approntate delle vere e proprie classi all’interno
dei monasteri o in spazi trovati dai monaci stessi. Al termine di uno
di questi seminari una bambina si è alzata e ha detto: “Noi
siamo buddisti e abbiamo già questa saggezza. Ma è come
chiusa in uno scrigno. Voi ci avete dato la chiave per aprirla”.
Altri seminari sono stati organizzati nelle scuole.
Due giorni di duro lavoro per mettere in ordine tutte le tende. Tantissime.
Nel frattempo le altre due squadre di protezione civile lavorano al
montaggio delle tende in altri punti della città. Finalmente,
il terzo giorno, ci rechiamo in un’area che tocca a noi servire.
Quel giorno piazziamo 22 tende. Siamo molto contenti di questo e riceviamo
i complimenti dei responsabili del dipartimento. Lo spirito di gruppo
è ciò che spicca. L’intesa perfetta. La gente ci
accoglie con entusiasmo e tutti, adulti e bambini, danno una mano. Al
termine di ciascun montaggio figura già il nome della famiglia
che l’occuperà. Gli abitanti della zona non smettono di
manifestarci il loro entusiasmo e la loro gratitudine. Il caldo è
a dir poco esagerato. 42 gradi. Ad un certo punto siamo chiamati tutti
in una radura con delle palme, a due passi dal campo. Ragazzini arrampicati
su questi alberi altissimi che prendono noci di cocco. Uno le raccoglie,
le taglia e ce le passa. Buonissime, rinfrescanti e nutrienti allo stesso
tempo. Noi per equilibrare i liquidi persi durante il giorno beviamo
litri di acqua integrata con sale e potassio, ma a volte non basta neanche
quello. La noce di cocco è la cosa migliore.
Verso la fine della giornata si avvicina una ragazza che parla un ottimo
inglese. Comunichiamo per un pò. Lei dice che la sua casa è
stata spazzata via dallo tsunami. Suo padre lo stesso, e da quel giorno
ha dei problemi fisici che lo tengono inchiodato a letto. L’ospedale
l’aveva dimesso qualche giorno dopo l’accaduto ma lui tardava
a riprendersi. Le dico di recarsi a Town Hall, dove era stata piazzata
la tenda gialla dei VM, per ricevere le assistenze necessarie. Lei dice
di essere sprovvista di un mezzo e il padre difficilmente avrebbe accettato
di andarci a piedi, visti i suoi problemi. Decido di andare io a casa
sua. La seguo. Il padre è ospite nella casa del figlio, trovandosi
sulla collina, non ha ricevuto danni. Veniamo inseguiti da curiosi,
gente del posto. Il padre mi vede e mi racconta la sua vita. Mi dice
di essere stato il direttore dell’ospedale e tante altre cose.
Anche il suo inglese è ottimo. Ha una ferita nel piede che non
riesce a cicatrizzare. Poi è impedito in diversi movimenti. Lo
tsunami l’aveva preso in pieno, ma lui era riuscito a salvarsi
miracolosamente. Gli pratico una Assistenza sui nervi. Dopo pochissimo
tempo si alza spontaneamente dal letto e mi guarda: “cosa mi hai
fatto?” “come ti senti”? gli chiedo. “avevo
dei dolori alle costole e ora non ho più niente!! Grazie!”
Mi complimento con lui e gli raccomando di tornare all’ospedale
a farsi cambiare la medicazione al piede. La figlia è molto contenta.
Nel frattempo la casa si riempie di gente. Molti vogliono ricevere lo
stesso trattamento. Io non ho altro tempo da dedicare, visto che devo
tornare a montare le tende, per cui li indirizzo alla tenda gialla.
C’è molto entusiasmo e tantissima riconoscenza.
Il giorno dopo andiamo in un altro campo. Nonostante alcune difficoltà
che rallentano le operazioni di montaggio, poi risolte, il lavoro è
portato a termine, anche se molto tardi. Faccio un’Assistenza
ad un ragazzo della protezione civile che accusa dei dolori al braccio.
Le Assistenze alla tenda gialla sistemata a Town Hall continuano a fiumi.
Circa 2000 persone sono state aiutate in questo modo nel giro di 10
giorni. Ogni tanto succedono cose meravigliose. Ogni Assistenza porta
sempre benessere e sollievo a chi la riceve, ma alcuni casi sono davvero
sorprendenti.
Un signore arriva col bastone dicendo di avere dolori a una gamba che
gli impediscono di camminare normalmente. Dopo l’Assistenza chiede
di alzarsi in piedi. Senza usare il bastone appoggia il piede, fa un
passo, due e poi inizia a correre. Tutti ridono divertiti. Lui è
alle stelle per l’entusiasmo di poter correre ancora. Un’altra
persona arriva accompagnata dai familiari. Ha una parte del corpo paralizzata,
non riesce a camminare. Gli viene praticato un altro tipo di Assistenza
per queste necessità. Può sembrare incredibile, ma la
persona inizia a muovere la gamba paralizzata, si alza in piedi e inizia
a camminare. Con questi due esempi non intendo dichiarare che Scientology
sia un metodo per curare malattie. Scientology è semplicemente
uno studio dello spirito (il termine vuol dire in effetti “studio
della conoscenza”) e dispone di applicazioni rivolte all’uomo
in quanto essere spirituale. I miglioramenti fisici che ne possono conseguire
sono solo una conseguenza e ben vengano. Ricordo inoltre, che lo scopo
dei VM in questa particolare missione è quello di fare in modo
che le persone coinvolte in questa tragedia possano tornare a guardare
serenamente al futuro. Il risolvere tensioni emotive e spirituali passate
aiuta allo scopo.
Finito il lavoro quotidiano si torna alla base. Le sere sono fresche,
la natura attorno al nostro quartiere generale esplode di colori e profumi.
Anche le zanzare sono presenti! Poi ragni, scorpioni e tantissimi altri
insetti mai visti. Ci sono molti uccelli e una volta ho visto anche
un’aquila, probabilmente la Bold Eagle, quella gigantesca con
la testa bianca e le ali marroni.
Dopo cena si fa una riunione. Il gruppo viene informato sulle ultime
novità o sui piani del giorno successivo. È anche una
bella occasione per stare insieme e condividere i momenti trascorsi
durante la giornata. Nonostante tutto, stanchezza inclusa, il morale
è sempre molto alto. Siamo entusiasti. Devo dire che queste serate
sono per me molto importanti. Mi fanno aprire gli occhi su molte cose.
Spesso lavorare in gruppo porta dei problemi. Apparentemente sembra
che tu debba trovare dei compromessi per stare con gli altri. Forse
questo è vero da un certo punto di vista. In realtà lavorare
con gli altri significa arricchirsi, sempre che tu sia ben disposto
a dare. Magicamente, ricevi in cambio il doppio. È una bellissima
sensazione, anche perché il tuo aiuto è sempre ben accetto
e gradito. Mi dispiace un pò non essere con gli altri, ma quello
a cui sto contribuendo con il montaggio delle tende non è da
poco, l’apprezzamento degli altri gruppi con cui lavoro e l’entusiasmo
con cui veniamo accolti dalle persone che ora hanno una sistemazione
migliore basta e avanza. Rifletto sempre sul loro atteggiamento. Cosa
avrei fatto io se avessi perso la casa, la famiglia, gli amici? Come
avrei reagito? Il fatto di essere scientologo, disporre di una certa
consapevolezza, di sicuro mi avrebbe aiutato, ma sarebbe stata comunque
una bella sfida. Loro invece hanno sempre quel sorriso, quella disponibilità.
I bambini non vogliono perderci. Prima di andare via dal campo ci afferrano
e non vogliono che li salutiamo. Vogliono i nostri indirizzi. Ci danno
i loro. Come son forti. Caspita che belle persone, dovevo proprio venire
qua per rendermene conto.
A questo proposito mi sento di lanciare un messaggio. Di cose da dire
ne avrei ancora tantissime: piccole manifestazioni e piccoli accaduti
che riguardano più me stesso; forse uscirebbero un pò
dal seminato. Infatti qui ho cercato di descrivere i fatti salienti.
Un pò la cronaca e un pò le mie impressioni, così
come i risultati ottenuti. Ma se vi fosse balenato anche per un attimo
di voler partecipare a questa esperienza mi sento di incoraggiarvi con
tutto me stesso. Non lo fareste “solo” per aiutare altri.
È un’esperienza che mi ha maturato su molte cose, cose
che prima potevo solo intuire e che adesso sono una realtà. Ho
sentito quel posto come casa mia, e “quella gente” sono
i miei amici. Non c’è differenza, non c’è
distanza. Ragionando poi su altre cose e facendo certi paragoni, sono
certo che avrei la stessa impressione su altre aree del pianeta che
puntualmente ritrovo in ogni telegiornale dipinte in una certa maniera
da particolari correnti di pensiero. Mi sento di dire che la verità
sta da un’altra parte e certi punti di vista andrebbero analizzati
meglio con osservazioni più accurate.
Questo viaggio e questa esperienza si concludono con una cena, tutti
insieme, organizzata dagli uomini del Dipartimento della Protezione
Civile in un ristorante italiano riaperto solo da qualche giorno. I
suoi proprietari sono molto simpatici. Mangiamo delle pizze favolose.
La cena si svolge in un clima di entusiasmo. Dentro di me un pò
di tristezza per il fatto che sto per andarmene. 15 giorni non sono
niente sul calendario, ma l’intensità con cui sono stati
vissuti lasceranno il segno.
Nel caso foste interessati ad avere più informazioni su quanto
sopra o sulla PRO.CIVI.CO.S. potete telefonare o scrivere ai seguenti
indirizzi: PRO.CIVI.CO.S.: 011 851414 email: [email protected]