Volontario in Sri Lanka

Gabriele Antelmi [email protected]

10 feb 2005, ho appena concluso l’esperienza più emozionante della mia vita. Sono distrutto dal viaggio e dal fuso, ma voglio mettere giù questo resoconto; non voglio che tutto questo turbinio di emozioni e immagini si archivi definitivamente senza lasciare traccia nei miei pensieri presenti.
Sono stato nello Sri Lanka, l’isola vicino l’India, colpita dallo tsunami il 26 dicembre.
Ci sono stato come volontario. In precedenza non avevo mai fatto azioni di volontariato di nessun tipo. Questo la dice lunga sul mio grado di preparazione a questo genere di eventi. Non l’ho fatto spinto dalle immagini televisive del primo periodo. A dir la verità, di servizi sullo tsunami ne ho visti ben pochi.
Da tempo ero arrivato alla conclusione che affliggersi di fronte ad un telegiornale non era di aiuto a nessuno. Il senso di impotenza che poi ne scaturiva mi rattristava ancora di più. E allora perché m’è saltato in testa di fare questa cosa? Un giorno un amico mi ha chiesto: perché non vieni con me? Eccomi. L’ho fatto perché mi è stata data l’opportunità di essere d’aiuto nella maniera che preferisco, ovvero contribuire ad aiutare i superstiti a ripristinare la propria abilità di superare la cosa e di guardare di nuovo al futuro. Come il mio gruppo sia in grado di svolgere questo compito meriterebbe un capitolo a parte. Giusto però per soddisfare la possibile curiosità dirò che faccio parte della Associazione PRO.CIVI.CO.S. (Protezione Civile della Comunità di Scientology) un gruppo di volontariato inserito nell’ampio organigramma della Protezione Civile Nazionale, che include oltre 700 associazioni. PRO.CIVI.CO.S. è formata da Ministri Volontari della Chiesa di Scientology (VM), un gruppo umanitario internazionale che presta aiuto in caso di bisogno come già è avvenuto, ad esempio, a seguito dell’attentato terroristico dell’11 settembre. Oltre a supportare le necessarie logistiche, i Ministri Volontari, che hanno seguito una formazione specifica sull’uso di semplici ma efficacissime applicazioni sviluppate dal Sig. L. Ron Hubbard chiamate “Assistenze”, si occupano infatti dell’aspetto spirituale del trauma. In effetti ci si occupa giustamente degli aspetti materiali e fisici di una calamità, ma spesso si rischia di trascurare l’aspetto umano e quindi spirituale. Ecco, i Ministri Volontari sono specialisti in quello che ormai viene conosciuto come “pronto soccorso spirituale”; non importa quale sia la religione o la Chiesa o tipo di spiritualità o credo della persona.
Le Assistenze semplicemente aiutano chiunque e vengono di fatto usate ed insegnate da membri di numerosi gruppi religiosi di estrazione completamente diversa. Non si tratta quindi di un’opera di proselitismo o di conversione, come si potrebbe erroneamente essere indotti a credere, bensì di una attività pan-confessionale o anche aconfessionale che favorisce tra l’altro il superamento di qualsiasi barriera razziale. Il tutto avviene esclusivamente attraverso una corretta gestione della comunicazione a due sensi sviluppata a seguito di anni di ricerche dallo stesso Sig. Hubbard.
Queste procedure sorprendono per semplicità ed efficacia e tendono a ripristinare l’abilità dell’essere umano di affrontare e superare le esperienze negative ed i conseguenti effetti non desiderati della vita. Nel caso dello tsunami, visto che siamo in tema, i sopravvissuti si sono trovati ad affrontare cose difficilmente immaginabili. Un uomo ha dichiarato di aver perso 41 membri della sua famiglia, oltre alla casa. Dire che fosse disperato è senz’altro limitativo, ma a maggior ragione era necessario fare qualcosa per lui. I Ministri Volontari hanno un semplice motto che di per se aiuta a sperare. Il motto dice che “qualcosa si può fare” anche quando tutto sembra perduto. Subito dopo una calamità è necessario intervenire tempestivamente, assicurando ai sopravvissuti i bisogni primari, quali cibo e alloggio.
Ma allo stesso tempo è vitale fare in modo che chi sia scampato possa rimettersi in sesto e ricrearsi una vita ed è ciò che è stato fatto con lui come con moltissime altre persone.

Parto il 19 gennaio. Insieme ad altri 2 sardi, ci troviamo ad Olbia, diretti per Milano, dove riceviamo istruzioni sullo scopo della missione. A Milano incontriamo gli altri membri della spedizione, 8 per l’esattezza. L’età varia dai 20 ai 60 anni. Qualcuno di loro lo conosco già. Il viaggio è molto tranquillo. Durante il volo, abbiamo modo di conoscerci. Ipotizziamo 3000 cose riguardo quello che troveremo. Il morale è alto. Sento il gruppo. Agiremo come una vera squadra.
A Colombo ci accoglie uno dei segretari del Primo Ministro. Insieme ci dirigiamo a Kandy, una città al centro dell’isola. Tre ore di bus. Questa parte non è stata colpita dallo tsunami, per cui possiamo osservare il luogo e le persone nelle condizioni normali. Lo Sri Lanka è definito un paese del terzo mondo. Le condizioni igieniche sono troppo lontane dalla nostra realtà; nelle strade si accumulano i rifiuti che vengono bruciati a fine giornata. L’inquinamento è altissimo e qualche volta l’aria è irrespirabile, anche perché il vento spesso è assente e il caldo soffocante. I locali pubblici non sono pulitissimi, mettiamola cosi, e il mangiare spesso è un problema; meglio cucinare a casa propria.
Il programma iniziale consiste nel creare una base a Kandy, in una casa messa a disposizione da un’amica italiana, Adriana, per poi muoversi verso il nord est. Questa decisione nasce per espresso desiderio del segretario del Primo Ministro, il quale apprezza moltissimo la nostra presenza, ma ritiene che la maggior parte dei nostri soccorsi (e di altri) si sia concentrata nella parte sud, a Galle principalmente, dimenticando completamente il nord, a suo modo di vedere. La prima sera ci riprendiamo dal viaggio e parliamo con il segretario. Gli presentiamo il nostro programma, spieghiamo i nostri obiettivi di intervento, quello che possiamo offrire e chiediamo quello di cui lui ha bisogno. L’intenzione è quella di partire il giorno dopo per il nord-est, ispezionare il territorio ed iniziare a fare qualcosa. Purtroppo una serie di complicazioni legate ai vari impegni del segretario ci costringe ad un altro giorno inattivo a Kandy. La sera però ci incontriamo di nuovo con lui e approfondiamo alcuni dettagli. Ci chiede anche cos’ è Scientology.
Lo Sri Lanka è un paese al 70% buddista. Il culto dello spirito è profondamente radicato nella maggior parte della gente. C’è anche una buona percentuale di induisti e cristiani. Il segretario è rimasto molto affascinato da questa filosofia, soprattutto per la sua applicabilità ai vari aspetti della vita. Abbiamo fornito una dimostrazione di quello che potevamo fare per alleviare vari tipi di problemi che persistono a causa di traumi spirituali del passato. In particolare, lui aveva da tempo disturbi alle ginocchia, quindi gli è stata praticata un’Assistenza sui nervi, la cui procedura permette di ripristinare la comunicazione dell’essere con il proprio corpo. La cosa è durata si e no dieci minuti. Al termine il segretario si è alzato molto contento, dicendo di stare benissimo.
Il giorno dopo finalmente in viaggio verso Baticalò. Le strade dell’isola sono alquanto pericolose: molto strette, spesso sterrate e dissestate. Aggiungo che gli autisti stessi, nonostante la simpatia, sono matti da legare. Ci sono non pochi intoppi: finamo persino in una buca. Il pullman non riesce ad uscirne e spendiamo una mezz’ora buona per rimetterlo in strada. Ormai notte, ci fermiamo ad Ampara, un centro del nord est, non toccato dallo tsunami in quanto molto interno. Pernottiamo in un monastero buddista. La mattina successiva l’incontro con il Monaco buddista a capo del centro. Proprio quel giorno ricomincia l’anno scolastico. Il monastero ospita tantissimi bambini di famiglie colpite dallo tsunami nella zona nord. Il monaco parla ai bambini radunati nel cortile e tra le molte cose parla anche di noi e del perché siamo li. Al termine dell’assemblea il monaco ci riunisce di fronte al tempio. Ci dispone a semicerchio e ci unisce simbolicamente tramite un filo bianco, che teniamo per le mani. Poi inizia la preghiera. È una specie di canto. Ogni tanto distinguo la parola tsunami. Forse un mantra. Come una cantilena. Dura parecchi minuti. Al termine di questa cerimonia il segretario ci dice che il monaco ci dà la sua benedizione e ci ringrazia per l’aiuto alla sua gente. Dopodiché veniamo assaliti dai bambini. Ci stringono intorno. Sono tutti sorridenti e ci ammirano, come delle stars. Vogliono la nostra firma, in piccoli pezzi di carta che ci portano, o nella mano. La cosa che mi colpisce di più sono gli occhi. Non saprei descrivere esattamente questa sensazione. Forse non ci sono parole. Sono commosso e non so perchè. Forse quell’energia è troppo per me. O forse penso che molti di quei bambini non hanno più la famiglia, non hanno più una casa, o chissà cosa. Non è neanche un senso di tristezza. Forse è addirittura gioia e quasi ci piango… Quei bambini non hanno niente, hanno perso tutto, eppure sorridono e sembrano felici. Se posso osservare questo, allora c’è qualcosa di sbagliato nella nostra cultura: come possono essere felici?

Partiamo quindi alla volta di Baticalò. Altre 3 ore di viaggio. Baticalò è una località turistica. La costa e le spiagge completamente devastate. Detriti dappertutto. L’impatto è scioccante. Qua e là i resti di capanne accumulati dai bulldozer e qualche abitazione di cemento ancora in piedi. Ci fermiamo all’inizio di un ponte distrutto. Scendiamo e osserviamo la scena. 10.000 morti in questa zona, e sembra di percepirli sotto forma di sensazioni pesantissime. I nostri incaricati insieme con il segretario parlano con un funzionario politico della zona. Lo scopo è quello di avere un contatto con il responsabile di zona. Ci dice dove andare. Riprendiamo il bus e ci dirigiamo verso il centro del paese. Mi guardo attorno e vedo case di cemento scoperchiate. Sembrano fatte di cartapesta. Il tono della gente è un misto di afflizione e apatia. Non vedo tende, ma raggiungiamo un posto dove ci sono delle scritte UN, una scuola dove sono sistemati i senzatetto: due casermoni con all’interno tantissime famiglie. Due donne cucinano in uno spazio all’aperto, sotto una tettoia. Sulla mia sinistra noto un serbatoio dell’acqua con la bandiera inglese. Nel frattempo gli abitanti del posto notano la nostra presenza e si avvicinano, molti di loro con bambini in braccio. Quest’ultimi molto piccoli, forse 3-4 mesi, alcuni con il pallino nero dipinto sulla fronte. I bambini sono tenuti in braccio come trofei, come un qualcosa da esibire al termine di una lotta da cui si è usciti vincitori. Ancora quegli occhi. Un senso di tristezza mi prende allo stomaco. Eppure li ammiro. Continuo a scrutarli, ma dopo mollo la presa. Me ne vado. Di nuovo sul bus. Mi isolo e piango e non so perché. Solo per un pò. Dentro di me tanta ammirazione per questa gente. Quanta forza.
Sono contento di essere qui.
Ci dirigiamo verso l’ufficio distrettuale. Si aspetta il funzionario dal quale dovremmo ottenere degli spazi per iniziare ad operare. L’attesa è lunga. Io passeggio con Valentina ed Emanuele. Parliamo delle nostre impressioni. Ci chiediamo quanto tempo dovremo aspettare per cominciare a far qualcosa di effettivo. Questo viaggio ci sta consumando. Il non fare niente è esasperante. Non ho mai sopportato l’inattività, specie quando questa è dovuta a questioni burocratiche. Ma il segretario aveva chiesto il nostro aiuto e noi glielo dovevamo. Finalmente il funzionario arriva e i nostri incaricati cominciano il colloquio. Altra attesa. Finalmente escono. Sul bus veniamo informati del fatto che non essendoci spazi a disposizione utili al nostro lavoro e per altri motivi di natura burocratica si fa rotta definitiva per Galle, dove finalmente saremmo passati alla parte operativa vera e propria. Pernottamento di nuovo al monastero. La mattina il lungo commiato dai bambini e dai monaci. Mi vengono regalati 2 libri sul buddismo. Molti bambini mi lasciano il loro indirizzo. Vorrebbero ricevere penne e quaderni. Franco, Ascanio e Alex consegnano al Monaco “Inno all’Asia”, un libro nel quale L.Ron.Hubbard dimostra la riconoscenza per la saggezza millenaria di questa terra. Di nuovo in viaggio. Rotta verso Kandy. Otto ore di viaggio. Ci sono solo 2 fermate. La prima in un villaggio nel bel mezzo della jungla. Gli abitanti con una struttura corporea diversa dai cingalesi che eravamo abituati a vedere. Più bassi, indosso il minimo necessario, e qualcuno di loro con arco e frecce. Visitiamo il capo del villaggio. Io acquisto un unguento per ferite che odora grosso modo di melanzane all’olio; altri, qualche oggetto in ebano. Ripartiamo. Mangiamo in un ristorante dallo standard diverso dal solito. Quasi occidentale. Ripartiamo e pernottiamo nella casa di Adriana a Kandy.

La mattina successiva partenza per Galle. Ci aspettano 7 ore di bus. In viaggio con noi c’è anche Dino, un rappresentante della Croce Giallo-Azzurra, aggregato fin dal primo momento. Durante il viaggio precedente avevamo avuto modo di conoscerci ed imparare da lui riguardo interventi in zone calamitate. Lui era a sua volta interessato al nostro tipo di aiuto. L’azione combinata di dare un tetto e risolvere i traumi dell’evento era stato il succo dei nostri discorsi. Non erano mancate discussioni anche accese, però alla fine è rimasta un’intesa che sicuramente porterà a buone cose nel futuro.
A 20 o 30 chilometri da Galle cominciamo ad osservare gli effetti dello tsunami. Barche sulla strada, tetti rimossi, capanne ammucchiate, rifiuti dappertutto. Ci fermiamo per vedere da vicino qualcosa di scioccante: un treno devastato sui binari. I poliziotti di guardia ci raccontano la storia.
Alle 9,20 del 26 dicembre arriva la prima onda. La gente scappa e si rifugia sul tetto di alcuni edifici. Il treno in quel momento è in sosta nella piccola stazione. L’onda raggiunge in parte il treno, ma i passeggeri rimangono al loro posto sentendosi forse al sicuro. Arriva la seconda onda molto più devastante. Il treno viene scagliato a 200 metri dal posto. I vagoni verranno ritrovati sulla collina.

Di nuovo in viaggio. Raggiungiamo Wakwella, località situata sulle colline di Galle, dove troviamo il nostro quartiere generale. Un bellissimo edificio messo a disposizione per noi dal sindaco. Attorno una natura incredibile. La mattina facciamo conoscenza con gli altri volontari che operano a Galle già da più di una settimana. La maggior parte sono italiani, ma ci sono anche tedeschi, canadesi, austriaci, norvegesi e danesi. Ci sono anche dei cingalesi talmente interessati a quello che stiamo facendo che si sono aggregati per aiutare, specialmente nei contatti con le persone del posto. Infatti non tutti in Sri Lanka parlano inglese e spesso il loto aiuto è indispensabile.
Si stabiliscono le squadre di lavoro: da una parte i Volontari Internazionali di Scientology con lo scopo di organizzare la classica Tenda Gialla per effettuare le Assistenze, dall’altra il gruppo formato dai Ministri Volontari PRO.CIVI.CO.S. e dai membri della Croce Giallo Azzurra di Torino che, sotto il coordinamento della Protezione Civile Italiana, contribuiscono al montaggio delle tende. Mi aggrego al secondo gruppo insieme a Valentina e Emanuele. Conosciamo Delfina, Alex, Max e Cesare, con i quali lavoreremo spalla a spalla nei giorni successivi. Raggiungiamo un teatro messo a disposizione dal comune per l’immagazzinamento delle tende arrivate dall’Italia. Le tende sono di vario tipo, denominate in base all’anno del progetto. Certe arrivano dalle zone italiane che hanno subito calamità negli ultimi 20 anni. Bisogna controllarle al fine di risparmiare sorprese in fase di montaggio Quindi la linea da seguire consiste: in un controllo generale di ciascun involucro, verificando che tutto sia a posto, trasporto e montaggio negli spazi della città messi a disposizione dal comune. In questo modo prendiamo confidenza con i vari modelli, e montiamo qualche tenda all’interno del teatro-magazzino come prova generale.
Nel frattempo facciamo conoscenza con il gruppo della Protezione Civile Italiana. I capi di questo Dipartimento sono romani, e dirigono due squadre della Toscana e del Friuli. Purtroppo non ricordo i nomi delle loro associazioni. Sono composti da ragazzi molto in gamba e professionali con i quali ben presto si crea un’intesa e un’amicizia molto forte. A riguardo apro una piccola parentesi: ho già detto che il dipartimento di Protezione Civile ha un organigramma pieno di tante associazioni per ogni tipo di intervento, sia nazionale che internazionale. Aggiungo che la professionalità con cui queste emergenze vengono affrontate è straordinaria e mi sento di dire che siamo in mani più che buone. Questo a dispetto dell’idea generale che abbiamo sempre di noi stessi, come italiani. Per fare un esempio, le tende che ho montato insieme ai ragazzi delle altre associazioni sono molto belle, spaziose e adatte a qualsiasi tipo di esigenza. Lo stesso non si può dire di altre tende che ho visto in giro. Pur apprezzando l’impegno dei paesi o enti che le hanno inviate, sono molto al di sotto dello standard di quelle italiane. (Quando ci vuole ci vuole). Dovremmo apprezzarci di più certe volte!

Di fronte al teatro dove noi ordiniamo le tende, nella piazza del municipio, l’altro gruppo di volontari piazza le tende gialle e comincia ad effettuare le prime assistenze. La settimana precedente era stata dedicata ai contatti con i vari funzionari cittadini per la presentazione dei progetti e l’assegnazione degli spazi per le varie attività. Altri Volontari di Scientology si erano invece rivolti ad esponenti religiosi, principalmente buddisti, tenendo seminari e conferenze sulle applicazioni di Scientology alle comunità dei vari templi. C’è stata una decisa risposta e un grande interesse. Molti monaci hanno deciso di studiare questi materiali di base tratti dagli scritti del Sig. Hubbard e vengono approntate delle vere e proprie classi all’interno dei monasteri o in spazi trovati dai monaci stessi. Al termine di uno di questi seminari una bambina si è alzata e ha detto: “Noi siamo buddisti e abbiamo già questa saggezza. Ma è come chiusa in uno scrigno. Voi ci avete dato la chiave per aprirla”. Altri seminari sono stati organizzati nelle scuole.

Due giorni di duro lavoro per mettere in ordine tutte le tende. Tantissime. Nel frattempo le altre due squadre di protezione civile lavorano al montaggio delle tende in altri punti della città. Finalmente, il terzo giorno, ci rechiamo in un’area che tocca a noi servire. Quel giorno piazziamo 22 tende. Siamo molto contenti di questo e riceviamo i complimenti dei responsabili del dipartimento. Lo spirito di gruppo è ciò che spicca. L’intesa perfetta. La gente ci accoglie con entusiasmo e tutti, adulti e bambini, danno una mano. Al termine di ciascun montaggio figura già il nome della famiglia che l’occuperà. Gli abitanti della zona non smettono di manifestarci il loro entusiasmo e la loro gratitudine. Il caldo è a dir poco esagerato. 42 gradi. Ad un certo punto siamo chiamati tutti in una radura con delle palme, a due passi dal campo. Ragazzini arrampicati su questi alberi altissimi che prendono noci di cocco. Uno le raccoglie, le taglia e ce le passa. Buonissime, rinfrescanti e nutrienti allo stesso tempo. Noi per equilibrare i liquidi persi durante il giorno beviamo litri di acqua integrata con sale e potassio, ma a volte non basta neanche quello. La noce di cocco è la cosa migliore.
Verso la fine della giornata si avvicina una ragazza che parla un ottimo inglese. Comunichiamo per un pò. Lei dice che la sua casa è stata spazzata via dallo tsunami. Suo padre lo stesso, e da quel giorno ha dei problemi fisici che lo tengono inchiodato a letto. L’ospedale l’aveva dimesso qualche giorno dopo l’accaduto ma lui tardava a riprendersi. Le dico di recarsi a Town Hall, dove era stata piazzata la tenda gialla dei VM, per ricevere le assistenze necessarie. Lei dice di essere sprovvista di un mezzo e il padre difficilmente avrebbe accettato di andarci a piedi, visti i suoi problemi. Decido di andare io a casa sua. La seguo. Il padre è ospite nella casa del figlio, trovandosi sulla collina, non ha ricevuto danni. Veniamo inseguiti da curiosi, gente del posto. Il padre mi vede e mi racconta la sua vita. Mi dice di essere stato il direttore dell’ospedale e tante altre cose. Anche il suo inglese è ottimo. Ha una ferita nel piede che non riesce a cicatrizzare. Poi è impedito in diversi movimenti. Lo tsunami l’aveva preso in pieno, ma lui era riuscito a salvarsi miracolosamente. Gli pratico una Assistenza sui nervi. Dopo pochissimo tempo si alza spontaneamente dal letto e mi guarda: “cosa mi hai fatto?” “come ti senti”? gli chiedo. “avevo dei dolori alle costole e ora non ho più niente!! Grazie!” Mi complimento con lui e gli raccomando di tornare all’ospedale a farsi cambiare la medicazione al piede. La figlia è molto contenta. Nel frattempo la casa si riempie di gente. Molti vogliono ricevere lo stesso trattamento. Io non ho altro tempo da dedicare, visto che devo tornare a montare le tende, per cui li indirizzo alla tenda gialla. C’è molto entusiasmo e tantissima riconoscenza.
Il giorno dopo andiamo in un altro campo. Nonostante alcune difficoltà che rallentano le operazioni di montaggio, poi risolte, il lavoro è portato a termine, anche se molto tardi. Faccio un’Assistenza ad un ragazzo della protezione civile che accusa dei dolori al braccio.
Le Assistenze alla tenda gialla sistemata a Town Hall continuano a fiumi. Circa 2000 persone sono state aiutate in questo modo nel giro di 10 giorni. Ogni tanto succedono cose meravigliose. Ogni Assistenza porta sempre benessere e sollievo a chi la riceve, ma alcuni casi sono davvero sorprendenti.
Un signore arriva col bastone dicendo di avere dolori a una gamba che gli impediscono di camminare normalmente. Dopo l’Assistenza chiede di alzarsi in piedi. Senza usare il bastone appoggia il piede, fa un passo, due e poi inizia a correre. Tutti ridono divertiti. Lui è alle stelle per l’entusiasmo di poter correre ancora. Un’altra persona arriva accompagnata dai familiari. Ha una parte del corpo paralizzata, non riesce a camminare. Gli viene praticato un altro tipo di Assistenza per queste necessità. Può sembrare incredibile, ma la persona inizia a muovere la gamba paralizzata, si alza in piedi e inizia a camminare. Con questi due esempi non intendo dichiarare che Scientology sia un metodo per curare malattie. Scientology è semplicemente uno studio dello spirito (il termine vuol dire in effetti “studio della conoscenza”) e dispone di applicazioni rivolte all’uomo in quanto essere spirituale. I miglioramenti fisici che ne possono conseguire sono solo una conseguenza e ben vengano. Ricordo inoltre, che lo scopo dei VM in questa particolare missione è quello di fare in modo che le persone coinvolte in questa tragedia possano tornare a guardare serenamente al futuro. Il risolvere tensioni emotive e spirituali passate aiuta allo scopo.

Finito il lavoro quotidiano si torna alla base. Le sere sono fresche, la natura attorno al nostro quartiere generale esplode di colori e profumi. Anche le zanzare sono presenti! Poi ragni, scorpioni e tantissimi altri insetti mai visti. Ci sono molti uccelli e una volta ho visto anche un’aquila, probabilmente la Bold Eagle, quella gigantesca con la testa bianca e le ali marroni.
Dopo cena si fa una riunione. Il gruppo viene informato sulle ultime novità o sui piani del giorno successivo. È anche una bella occasione per stare insieme e condividere i momenti trascorsi durante la giornata. Nonostante tutto, stanchezza inclusa, il morale è sempre molto alto. Siamo entusiasti. Devo dire che queste serate sono per me molto importanti. Mi fanno aprire gli occhi su molte cose. Spesso lavorare in gruppo porta dei problemi. Apparentemente sembra che tu debba trovare dei compromessi per stare con gli altri. Forse questo è vero da un certo punto di vista. In realtà lavorare con gli altri significa arricchirsi, sempre che tu sia ben disposto a dare. Magicamente, ricevi in cambio il doppio. È una bellissima sensazione, anche perché il tuo aiuto è sempre ben accetto e gradito. Mi dispiace un pò non essere con gli altri, ma quello a cui sto contribuendo con il montaggio delle tende non è da poco, l’apprezzamento degli altri gruppi con cui lavoro e l’entusiasmo con cui veniamo accolti dalle persone che ora hanno una sistemazione migliore basta e avanza. Rifletto sempre sul loro atteggiamento. Cosa avrei fatto io se avessi perso la casa, la famiglia, gli amici? Come avrei reagito? Il fatto di essere scientologo, disporre di una certa consapevolezza, di sicuro mi avrebbe aiutato, ma sarebbe stata comunque una bella sfida. Loro invece hanno sempre quel sorriso, quella disponibilità.
I bambini non vogliono perderci. Prima di andare via dal campo ci afferrano e non vogliono che li salutiamo. Vogliono i nostri indirizzi. Ci danno i loro. Come son forti. Caspita che belle persone, dovevo proprio venire qua per rendermene conto.
A questo proposito mi sento di lanciare un messaggio. Di cose da dire ne avrei ancora tantissime: piccole manifestazioni e piccoli accaduti che riguardano più me stesso; forse uscirebbero un pò dal seminato. Infatti qui ho cercato di descrivere i fatti salienti. Un pò la cronaca e un pò le mie impressioni, così come i risultati ottenuti. Ma se vi fosse balenato anche per un attimo di voler partecipare a questa esperienza mi sento di incoraggiarvi con tutto me stesso. Non lo fareste “solo” per aiutare altri. È un’esperienza che mi ha maturato su molte cose, cose che prima potevo solo intuire e che adesso sono una realtà. Ho sentito quel posto come casa mia, e “quella gente” sono i miei amici. Non c’è differenza, non c’è distanza. Ragionando poi su altre cose e facendo certi paragoni, sono certo che avrei la stessa impressione su altre aree del pianeta che puntualmente ritrovo in ogni telegiornale dipinte in una certa maniera da particolari correnti di pensiero. Mi sento di dire che la verità sta da un’altra parte e certi punti di vista andrebbero analizzati meglio con osservazioni più accurate.
Questo viaggio e questa esperienza si concludono con una cena, tutti insieme, organizzata dagli uomini del Dipartimento della Protezione Civile in un ristorante italiano riaperto solo da qualche giorno. I suoi proprietari sono molto simpatici. Mangiamo delle pizze favolose. La cena si svolge in un clima di entusiasmo. Dentro di me un pò di tristezza per il fatto che sto per andarmene. 15 giorni non sono niente sul calendario, ma l’intensità con cui sono stati vissuti lasceranno il segno.

Nel caso foste interessati ad avere più informazioni su quanto sopra o sulla PRO.CIVI.CO.S. potete telefonare o scrivere ai seguenti indirizzi: PRO.CIVI.CO.S.: 011 851414 email: [email protected]